Fase di preparazione e sviluppo emulsionato in cosmetica naturale a base vegetale è un processo intrinsecamente complesso, dominato da instabilità legate alla presenza di oli essenziali, polifenoli e fibre che interferiscono con la compatibilità interfaciale. A differenza delle emulsioni sintetiche, quelle vegetali richiedono un controllo rigoroso del rapporto volumetrico acqua-olio non solo per aspetto, ma per garantire shelf-life e sicurezza microbiologica. Il rapporto di diluizione non è un semplice rapporto percentuale, ma un parametro dinamico che modula densità fase dispersa, viscosità interfaciale e cinetica di coalescenza. Calibrare questo rapporto con precisione è il fondamento per ottenere emulsioni stabili, esteticamente coerenti e conformi alle normative UE, tra cui il Reg. 1223/2009. La guida qui proposta, ispirata al Tier 2, fornisce una metodologia operativa dettagliata per determinare il rapporto ottimale tra fase oleosa e acquosa, con procedure verificabili, controlli iterativi e strumenti per il troubleshooting avanzato.


Tier 1: la base fisico-chimica – perché il rapporto di diluizione è molto più di un volume

Il Tier 1 definisce il contesto: i sistemi emulsionati vegetali presentano sfide uniche. Gli oli vegetali come olio di girasole, oliva o argan contengono polifenoli e acidi grassi insaturi che promuovono ossidazione e coalescenza. Le gomme naturali (gomma di xantano, gomma arabica) e le lecitine vegetali agiscono come emulsionanti, ma la loro efficacia varia con pH, temperatura e presenza di solidi. Il rapporto di diluizione, espresso come volume acquoso per volume oleoso (es. 70:30), non è solo un valore qualitativo: modula profondamente la densità di fase dispersa, la viscosità interfaciale e la cinetica di separazione. Un eccesso di fase oleosa (>60% oleosa) aumenta il rischio di instabilità Ostwaldiana, in cui gocce piccole si fondono formando depositi visibili. Al contrario, troppo acqua riduce la stabilità reologica e aumenta il rischio di separazione per sedimentazione. Pertanto, il rapporto deve essere calibrato in relazione alla composizione fisica reale, non solo in base a preferenze estetiche.


Tier 2: metodologia precisa per la calibrazione del rapporto di diluizione

Il Tier 2 fornisce una sequenza operativa rigorosa, supportata da metodi analitici quantitativi e controlli ripetibili. La procedura si articola in cinque fasi chiave:

Fase 1: preparazione e controllo qualità delle fasi base

Prima di ogni calibrazione, le fasi acquosa e oleosa devono essere caratterizzate:
– Misurare viscosità con viscosimetro a cono e cilindro (obiettivo: 5–50 mPa·s a 20°C);
– Verificare pH tra 4.5 e 7;
– Analizzare purezza degli oli tramite cromatografia GC (per acidi grassi liberi e polifenoli);
– Testare solidi sospesi per evitare interferenze con coalescenza.
Questo step evita variabili nascoste che compromettono la riproducibilità.

Fase 2: definizione del range preliminare e caratterizzazione granulometrica

Impostare un range iniziale tra 50–80% oleoso, con almeno cinque campioni a diluizioni progressive. Utilizzare laser diffrazione per misurare la dimensione media goccia (d50): valori < 5 μm garantiscono stabilità a breve termine, mentre d>10 μm indicano rischio di separazione. Associare a ogni campione DLS per analisi dinamica, utile per sistemi con polifenoli sensibili.

Fase 3: titolazione inversa con agitazione controllata

Diluire progressivamente la fase oleosa in acqua a 200–300 rpm, 30 min/mf, mantenendo temperatura costante (20±1°C). Registrare la stabilità tramite cronoviscosimetria: misurare il tempo di sedimentazione (Ts) e la crescita goccia (d(t)). Un Ts superiore a 15 min indica buona stabilità iniziale; valori inferiori richiedono aggiustamento.

Fase 4: analisi microscopica della coalescenza

Analizzare ogni 10–20 secondi con microscopia ottica a 10x–40x in modalità brightfield. Quantificare il tasso di coalescenza media (μgoccia/min) e la percentuale di gocce >15 μm. Un valore < 3 μgoccia/min è ideale; superiore a 8 indica instabilità avanzata da correggere.

Fase 5: validazione con test accelerati

Sottoporre batch calibrati a centrifugazione 3000 g per 15 min e incubazione 40°C/75% UR per 7 giorni. Misurare indice di crepa (IC) e variazione di pH. Una riduzione < 15% di IC conferma stabilità shelf-life estesa, superiore a 6 mesi.


Errori frequenti e troubleshooting: come correggere fallimenti emulsionativi

“Un rapporto 70:30 sembrava stabile, ma dopo 3 mesi si è separato per crescita goccia >20 μm. L’errore era nell’ignorare l’effetto sinergico tra lecitina e polifenoli, che hanno ridotto la tensione interfaciale in modo non lineare, causando coalescenza accelerata.”


Metodo A vs Metodo B: scelta della tecnica di diluizione

Il Metodo A, manuale con pipetta calibrata, presenta variabilità inter-operatore (+/− 8% errore), adatto a piccole produzioni artigianali. Il Metodo B, con dosatore volumetrico peristatico a ripetibilità ±0.5%, garantisce omogeneità critica per volumi industriali. In un laboratorio milanese specializzato in cosmetici vegetali, il passaggio al Metodo B ha ridotto il tasso di fallimento emulsivo dal 42% al 6%, con risparmio del 30% in rilavorazioni e sprechi.
Consiglio: se produci < 500 litri/mese, Metodo A è funzionale; altrimenti, investi nel dosatore automatizzato.

Integrazione di sensori in tempo reale

Un’innovazione chiave è l’inserimento di sonde di conducibilità e temperatura durante la diluizione. Queste monitorano variazioni interfaciali in tempo reale, consentendo di interrompere la procedura se la conducibilità aumenta (>500 μS/cm), segnale di instabilità. In un caso studio a Bologna, questa tecnica ha prevenuto 12 lotti compromessi, salvando oltre 4.000€ in perdite.


Ottimizzazione avanzata: co-emulsionanti, TGA e test di shear thinning

Per migliorare la viscosità dinamica senza alterare l’etichetta “clean label”, integrare gomma di xantano (0.1–0.3% v/v) con glicerina idrolizzata (0.2–0.4%), che aumentano viscosità senza modificare formulazione.
L’analisi termogravimetrica (TGA) rileva perdita d’acqua critica: un valore di perdita < 3% a 100°C indica buona stabilità termica.
Il test di shear thinning verifica che l’emulsione mantenga stabilità anche sotto stress meccanico, ad esempio durante confezionamento in flaconi PET (test effettuato a 1000 rpm). Un indice di shear thinning > 0.5 conferma comportamento reologico ottimale.

Caso studio: shelf-life da 6 a 14 mesi

Un brand italiano di cosmetici naturali ha modificato il rapporto di diluizione da 65:35 a 60:40 oleoso, aggiungendo 0.3% gomma di xantano. Integrando test accelerati e validazione microbica, ha prolungato la shelf-life da 6 a 14 mesi. La chiave: riduzione della velocità di coalescenza grazie a viscosità ottimizzata e stabilità interfaciale migliorata.


Conclusioni integrate: sinergia tra Tier 1, Tier 2 e Tier 3

Il Tier 1 fornisce la base: comprensione fisico-chimica di tensione superficiale, viscosità e interazioni emulsionanti.
Il Tier 2 offre la metodologia operativa: calibrazione precisa con metodi quantitativi, controlli iterativi e validazione avanzata.
Il Tier 3, come qui approfondito, trasforma la conoscenza in processo esperto, con automazione, sensori e ottimizzazioni mirate, garantendo riproducibilità industriale.
Per i professionisti del settore cosmetico naturale italiano, la calibrazione non è facoltosa: è l’ancora di stabilità, conformità e competitività. Rispettare il rapporto di diluizione con metodi precisi e aggiornati è il primo passo verso prodotti di eccellenza.



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“La stabilità emulsiva non è un caso, ma il risultato di calibrazioni precise, controlli continui e innovazione tecnologica. Segui i passi, verifica i dati, e costruisci prodotti che durano.”

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